Il terrorismo in Europa ci appartiene

Cosa colpiscono gli atti terroristici in Europa?
Non simboli del potere politico o del potere economico occidentali (questa era una caratteristica di al-Qa’ida), ma simboli del divertimento, della spensieratezza, del godimento, dell’opulenza occidentale: discoteche, concerti giovanili, stadi pieni di tifosi, strade dedicate allo shopping, strade per il passeggio serale o del dì di festa, mercati natalizi, strade del turismo globalizzato.
C’è qualcosa in questi luoghi che caratterizza la vita di chi sta bene, di chi ha soldi da spendere, di chi si può concedere del superfluo.
Leggendo sugli stili di vita della maggior parte dei terroristi entrati in azione in Europa si scopre che non erano proprio compatibili con i precetti islamici, men che mai coi precetti dell’ortodossia wahabita; questi giovani erano dediti all’alcol, assumevano droghe, qualcuno era perfino omosessuale. Inoltre nessuno di loro era ricco, quasi nessuno di loro era colto, soprattutto essi non erano dei conoscitori dei testi sacri dell’islam.
E allora?
Allora, se vogliamo capire e neutralizzare il terrorismo in Europa la prima cosa da fare è non darne una lettura strumentale.
Cominciamo da capo: il terrorismo che stiamo conoscendo negli ultimi tre anni non è un fenomeno esogeno ma un fenomeno endogeno, un fenomeno che si avvia a diventare endemico.
Il terrorismo che stiamo conoscendo è un terrorismo europeo che ha sì qualcosa in comune con quello di matrice islamica in Africa e in Asia ma che ha anche caratteristiche distintive laddove esso è generato all’interno di cittadini europei figli di migranti di seconda e terza generazione, e laddove esso è figlio del nichilismo europeo più che del miraggio della leggenda delle 72 vergini che spettano ai pii e eroici uomini islamici.
I giovani di tutto il mondo, si sa, vanno alla ricerca di principi e valori forti a cui ispirare la propria esistenza, ma da qualche decennio a questa parte nel nostro mondo occidentale non ne trovano, essi vivono in un vuoto culturale, ideale e sociale.
Da anni psicologi e sociologi lanciano l’allarme sul nichilismo giovanile occidentale, nichilismo che trova spesso nelle droghe la forza che non trova nella società, nichilismo che può trovare nei fondamentalismi la risposta direttrice che sta cercando.
Ma se i giovani provenienti dalla cultura più propriamente europea affogano per lo più in gesti individuali che prediligono droghe, successo, mercificazione (cioè togliere l’anima alle entità) e possesso, i giovani esclusi, o anche che si auto escludono, che provengono da un altrove come i figli di migranti di tradizione islamica, ritrovano “conforto” nel ritorno alle origini. Nella ricerca di un centro di gravità accade loro di imbattersi in moschee wahabite, moschee che proliferano grazie ai massicci finanziamenti provenienti dai petrodollari. In queste moschee trovano le parole giuste per le loro sofferenze, parole diverse dalla nostre, parole che presentano la religione islamica come portatrice di un mondo che combatte contro il nostro che è stato colonialista ed imperialista, che ha il governo economico della globalizzazione, che è usurpatore e consumatore delle ricchezze di tutto il pianeta Terra a vantaggio di una sola parte, che predica libertà mentre in realtà è corruttore e distruttore delle diverse visioni del mondo non compatibili con le sue, che per mantenere il mito della crescita all’infinito distrugge il pianeta terra. In queste moschee trovano qualcosa di forte che non hanno trovato nella nostra società, trovano perfino che la morte per una giusta causa è migliore di una vita insipida e piena di frustrazioni.
Ma il male a cui i giovani islamici cercano soluzione nella radicalizzazione terrorista è molto presente anche tra i giovani occidentali. Il giorno in cui la diffusione delle droghe dovesse cessare avremmo più terroristi nativi cristiani occidentali che islamici. E’ proprio per questo che i traffici di droga si tengono sotto controllo ma non si eliminano mai.
Ecco, il primo punto da cui partire è assumere il punto di vista che c’è un problema che riguarda i giovani europei e non solo i figli degli immigrati islamici.
Se ai giovani, tutti, offriamo una speranza, se diamo parimenti a tutti loro opportunità di realizzarsi, se offriamo loro un mondo più giusto, allora il terrorismo avrebbe una risposta reale e non solo espedienti contingenti.