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Annunziata severo volto esposito chioccia i suoi primi tre figli che saranno due, perché Alfonso, il bimbo in piedi sulla destra, morirà qualche mese dopo. Carmela era del 1911, Agostino e Alfonso, gemelli, del 16. In mezzo c’era stato un altro Alfonso, nel 13, morto. Cosicché quando nel 1919 venne alla luce la seconda coppia gemellare la femmina si chiamò Concetta, come una sorella del patriarca, e il maschio Giovanni. Ma il cambio di nome non servì, anche Giovanni morì bambino, alla fine rimasero quattro donne e un sol maschio, mio padre Agostino. Nomi antichi e contadini per i figli di Antonio: Alfonso, Carmela, Concetta e Orsola erano dovuti, ma Agostino chi era?, e Margherita perché? E Giovanni?
Mio padre ebbe Annunziata e Antonio come i suoi genitori, però mio fratello morto si chiamava Giovanni come il padre di mia madre, e loro hanno sempre detto che se nel 46 la prima figlia fosse sopravvissuta alla nascita la seconda si sarebbe chiamata Laura, come la nonna materna. Insomma Agostino teneva conto anche della famiglia della moglie Maria, cosa, a quei tempi, che non sempre accadeva.
Per esempio Luca, marito di zia Concetta, ebbe quattro figli, la prima si chiamò Filomena come la madre, la seconda Anna Maria come la sorella, il terzo Renato e non so il perché, il quarto Erasmo come suo padre, insomma nessuno prese nome dai genitori della moglie. Questa cosa l’ho vissuta come un’asimmetria, perché Luca, nella nostra famiglia, era tenuto in grande considerazione, si disponevano in cerchio ad ascoltarlo, Luca era maresciallo dei carabinieri e conosceva il mondo. Insomma a lui era concesso, nessuno, che io sappia, ha mai messo in discussione le sue scelte.
Cos’hanno i Limonciello da essere tanto attenti agli altri da dimenticare se stessi?
Mancanza di orgoglio?
Antonio, mio nonno, era raccontato come uomo mite, poco patriarca e molto accogliente, di Annunziata che fosse molto severa. Anche austera e pretenziosa, almeno dalla foto, perché io non la conobbi, lei morì nel 35. Mio nonno l’ho visto di certo ma ho solo due immagini ricordo, lui che mi conduce per mano sulla Nazionale delle Puglie, e io seduto sull’erba al suo fianco sotto i platani della nazionale, davanti a noi passavano carri, contadini in bici e a piedi, ogni tanto un’automobile.
Agostino, mio padre, era irruente, impulsivo, eppure è rimasta in me la convinzione che cedesse sempre alla robustezza delle argomentazioni della moglie. Una sola volta la spuntò, fu nella compera del terreno delle sorelle, non capii bene quale fosse il motivo ma ne discutevano molto in quel periodo, forse mia madre era convinta, e di questo lo rimproverava, che stesse favorendo troppo le sorelle a discapito della nostra famiglia. In una di queste discussioni Agostino le diede uno schiaffo intimandole di stare zitta, lei, ferita nell’orgoglio pianse in silenzio. Eravamo sul carro, di sera, al ritorno dai campi. Fu l’unico schiaffo di una vita insieme ma io il dolore per quella violenza non l’ho mai dimenticato.
A pensarci bene nelle foto Agostino raramente sorride, è imbronciato, ha sguardo traverso, ha rughe sulla fronte, forse aveva preso del carattere della madre, come Orsola, come Concetta detta Tina, Margherita no, lei era accogliente e sempre sorridente, Orsola era aspra come la vita fu con lei. 
Nella foto mio padre e il suo gemello hanno una veste bianca come si usava all’inizio del secolo; le due vesti non sono proprio uguali, neanche i calzini, corti quelli di mio padre, lunghi quelli di Alfonso. Carmela ha sandali bianchi, come la veste, come i due fiocchi nei capelli. A terra, sulla destra, è posto un cappello da donna, una messa in scena simbolica o era davvero il cappello di nonna?
Annunziata fu capace di aspettare cinque anni che Antonio tornasse da New York, lui in America c’era andato per lei. La famiglia di Annunziata non aveva concesso la mano della figlia perché Antonio era nullatenente, al che il giovane, appena ventenne, partì per New York in cerca di fortuna. Si era all’inizio del secolo scorso e si costruiva la rete di metropolitane della città. Ci lavorò per cinque anni e poi tornò al paese col gruzzolo per comprare terra e casa. Ma quando si ripresentò alla famiglia Esposito fu di nuovo rifiutato. Annunziata, che certo non difettava di carattere, lo sposò lo stesso pagando a caro prezzo quel si: niente dote, esclusione dalla famiglia, esclusione dall’eredità. Se la incontravano per strada giravano la faccia dall’altra parte, per loro lei non esisterà più, non andranno neanche al suo funerale. La cosa giunse fino a noi, tant’è vero che solo da adulto scopri di avere zii e cugini di primo grado, e anche dopo la scoperta nulla cambiò. Ricordo il vecchio Esposito, fratello di nonna, un’ombra di un uomo alto e di portamento altero. Solo una sua figlia, la zia Giannina, dopo la morte del padre aprì i rapporti con i cugini Limonciello.
La foto potrebbe essere della fine del 17, i gemelli hanno un anno, un anno e mezzo, Alfonso, quello in piedi, è tenuto fermo da Annunziata con una mano nascosta dietro il vestito bianco, forse non si regge bene sulle gambe, o semplicemente bisognava stare fermi perché i tempi di esposizione di allora erano lunghi, il che poteva generare dei mossi. Annunziata e Carmela guardano leggermente a destra, Agostino fissa dritto l’obiettivo della macchina da banco, lo sguardo di Alfonso è indecifrabile per il deterioramento dell’immagine. Probabilmente il fotografo dopo aver sistemato la lastra, controllato il fuoco e caricato l’otturatore, si è spostato sulla destra con lo scatto flessibile in una mano e ha detto loro di guardare verso di lui. I gemelli non capiscono e non lo seguono ma le due donne si.
Orsola, che sarà l’ultima e avrà solo dieci anni quando Annunziata morirà, era la figlia che più le somigliava, fisicamente e anche caratterialmente.
Premiato Stabilimento Fotografico Corrado Palma di Francesco, è scritto a sinistra. A destra Via Principi di Napoli, casa propria, Nola. Al centro uno stemma coronato in calcografia.
La foto è incollata su un supporto di cartone con i lati argentati, è un supporto molto robusto e ben conservato. Sul retro ci sono scritte di tempi diversi che si accavallano, alcune a inchiostro, altre a matita. Probabilmente la più antica è “Limoncello Antonio, Sanvitagliano”. Immagino che il fotografo ha appuntato le informazioni della persona che ha commissionato la foto. Già, perché Antonio non è a fianco della moglie nella foto di famiglia? Probabilmente è presente nello studio, avrà accompagnato la moglie e i figli, forse Annunziata e Carmela stanno guardando proprio verso di lui. Forse che la foto era destinata proprio ai genitori di Annunziata, genitori che non gradiscono la presenza di Antonio? E come mai Antonio acconsente a un’operazione di sua esclusione? Per accontentare la moglie? Perché è in atto un tentativo di riconciliazione? 
In tutti e due i casi questa foto potrebbe testimoniare la capacità di Antonio di farsi carico dell’intransigenza delle persone che ha vicino. Per affetto?, per semplice quieto vivere?, perché è persona mansueta e disponibile?
Poi c’è la scritta “ovolo cornice” che mi fa immaginare la realizzazione della foto su ceramica a forma ovale che è ancora posta sulla lapide del loculo che ospita i resti di Antonio e Annunziata nel cimitero di San Vitaliano. Ancora, “4 medaglioni cuore nero a laccetto a coppia, 1 ciondolo nero solo uomo, gruppo a busto girare la donna”.  Sono le istruzioni per realizzare i santini, le preci, le foto ricordo, le foto grandi come quadri da appendere nelle case dei figli. Secondo me queste scritte dovrebbero risalire alla morte di Antonio, 1952, fu allora che la coppia poteva essere ricongiunta nelle immagini dei morti.  Uno dei “cuori neri” è arrivato anche a me, dentro sono riprodotte le effigi di Antonio e Annunziata, e lei è la stessa della foto che ora ho davanti.
Per i poveri a quei tempi le foto erano rare, forse mia nonna non ne aveva altre e dunque questa foto fu usata diverse volte per rifotografare Annunziata. Qualche anno dopo la sua morte in famiglia arrivò una macchina fotografica, oppure c’era qualche amico, o fidanzato che prese a scattare foto. Dalla fine degli anni 30 ci sono decine e decine di foto, non più in studio ma in ambiente: nel giardino di casa, sul muretto del fosso di via Ariosto, davanti una siepe, in mezzo al campo, in spiaggia. 
Carmela è da prima elementare, ma sembra più grande, sul bellissimo vestito immacolato spicca una collana o un nastrino con un pendaglio nero, forse un santino di quelli che si indossavano contro le malattie, o un ex-voto. Sul lato sinistro il pavimento è coperto da un panno, anche la quinta è un panno, o forse una carta spessa da parato. Annunziata ha un vestito nero, di raso?, di seta?, con un davantino bianco di merletto. L’acconciatura è tipica dell’epoca, una ciocca di capelli sul lato sinistro si è sfilata, immagino perché si è data da fare per tenere i due gemelli, immagino che lei non lo sapesse altrimenti, se ho capito bene il tipo, l’avrebbe sistemata. Dalla foto si direbbe che vestivano bene questi Limonciello, magari stanno indossando l’unico vestito elegante che avevano, o forse ne avevano altri, in fondo loro possedevano una casa e un ettaro di terreno di quello buono, arabile, innaffiabile, con pozzo annesso, una rendita sicura per quei tempi.