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felici58Doveva essere il 1958, Nunzia, mia sorella, ha lo stesso taglio di capelli della foto del matrimonio di Margherita e Sabatino, Orsola è felice, dietro la macchina fotografica deve esserci Franco, il suo fidanzato, i miei capelli solo lisci e ancora chiari, tengo con me un Nerone riottoso, lui fu cane del passaggio dalla fanciullezza all’adolescenza. Agostino ha il braccio sulle spalle di Maria, dietro di loro il muro di tufo del fosso che raccoglieva le acque piovane della Via Ariosto. La strada era basolata fino al nostro caseggiato, dopo diventava una carrareccia segnata da profondi solchi delle ruote dei carri, tra i solchi c’erano le fosse delle pedate delle mucche e dei cavalli da tiro. Su uno dei lati correva il viottolo dei pedoni e delle bici. Sabatino e Nunzia non guardano verso la macchina, zio sta cercando di tener fermo Nerone, mia sorella guarda i miei genitori. Stiamo ridendo di gusto, forse è stato detto qualcosa di molto divertente. E’ la più bella foto della mia famiglia allargata dell’infanzia. Abbiamo tutti l’aspettativa di un inizio, ognuno poi ha vicino quanto di più caro. Orsola ha Franco, un bel giovanottone veneto che ha conosciuto a Firenze, programmano di sposarsi appena lui, sergente maggiore dell’esercito, ha il permesso per il matrimonio. Sabatino e Margherita sono sposi novelli e si preparano a creare una loro famiglia, io e Nunzia siamo insieme a tutte le persone della nostra famiglia e per noi la famiglia è ancora tutto il mondo. Agostino e Maria hanno chiuso un periodo travagliato con scontri tra loro per l’acquisizione delle parti dei terreni ereditati da Margherita e Orsola. Ora possiedono tutto il terreno di nonno Antonio, hanno un prestito da restituire, ma sono nel pieno delle loro forze di quarantenni. Loro sanno che ce la faranno. Margherita coi proventi del terreno ha ristrutturato la casa e si è sposata, Orsola è andata a vivere a Firenze da Titina. Deve essere ottobre di un autunno luminoso, si intravedono sul fondo i gambi spogli del granturco. Non ho ricordi di una felicità espressa con tale forza, è evidente che ricordi mi ingannano perché qui c’è gioia, qualcosa prossima alla felicità.
Il centro della foto è Nerone, non solo nell’equilibrio compositivo della foto, ma anche perché dona leggerezza e spensieratezza. Nelle nostre case non ci sono ancora i televisori, mia zia ha la radio che fu di mio nonno, noi neanche quella, di frigoriferi e lavatrici neanche a parlarne. Da lì a un anno comincerà la corsa agli elettrodomestici, prima il frigorifero, poi il giradischi, i dischi, il televisore, le radioline a transistor, il telefono, la lavatrice, …..
Io ero in quarta elementare, Nunzia in quinta, non ricordavo neanche di aver avuto una maglia a righe, chissà perché penso che siano bianche e celeste. I miei capelli sono cambiati tre volte, nelle foto di un anno sono ricci, in quelle successive sono lisci, poi dopo lo sviluppo adolescenziale diventano mossi, cioè né ricci e né lisci. I miei capelli erano sempre fuori tendenza, quando li avevo lisci andavano boccolosi e quando mi divennero mossi andavano lisci come quelli dei Beatles. Dovevo capirlo subito che sarei stato per tutta la vita un altrove. Oggi posso dire unico, e subito dopo devo specificare come del resto tutti; niente di speciale ma sono sempre stato un’altra cosa, in qualsiasi ambiente, con qualsiasi persona, in tutte le mie manifestazioni. Incredibile, a ricostruire l’insieme io mi sono sempre collocato sui confini, come moto naturale del profondo. Oggi che ho letto e condiviso visioni filosofiche sui confini, smarginamenti e deterritorializzazioni, mi rendo conto che non è stato per visione ideologica ma per mia natura.
Non riesco a staccarmi da questa foto e non trovo le parole per esprimere la bellezza di quell’attimo che racchiude.