Feste al Paese


La chiesa gestita dalla Congrega dell’Immacolata, in via Ariosto, ha l’altare maggiore dedicato all’Immacolata Concezione, l’altare di sinistra dedicato a Sant’Antonio di Padova e quello di destra a …. A proposito di quest’altare, ricordo che dietro c’era uno spazio vuoto e giù, poggiate a terra e senza alcuna protezione, c’erano delle ossa umane e uno o due teschi. Chissà se sono ancora lì.
A dire il vero c’è anche una statua di San Francesco di Assisi, ma senza altare. Quando ero ragazzo pensavo che Francesco fosse un santo minore, altrimenti non lo avrebbero relegato lì in una nicchia lungo una parete, senza altare e per giunta dietro gli scanni dove sedevano i membri della Congrega! Poi con tempo ho capito che la popolarità, anche quella dei Santi, ha poco a che fare con la “meritocrazia”. Antonio in vita era un ammaliatore di folle, le sue prediche innamoravano, ma le due cronache che raccontano della sua vita elencano miracoli del tipo: una mula che si inginocchia davanti l’eucaristia mentre un eretico si rifiuta perché non crede potesse essere il corpo di Gesù, un piede riattaccato, un bicchiere di cristallo lasciato cadere a terra e rimasto intatto sempre per convincere gli eretici, gli eretici si rifiutano di ascoltare la sua predica e lui predica ai pesci che accorrono in gran quantità alle sue parole, un uomo perde un anello prezioso e lui glielo fa trovare in un pesce, le persone che accorrono alle sue prediche dall’albero su cui viveva affollano un campo di grano, ma il grano da loro calpestato non subisce alcun danno, un nobile cade da cavallo ma non si fa male, due famiglie litigano e lui per riportare la pace fa parlare uno dei loro bambini, gli eretici lo invitano a pranzo e lui benedicendo il cibo rende innocuo il veleno che avevano messo nel suo piatto, … Appena morto Antonio diventa santo a furor di popolo, la curia e il papato sono costretti a rincorrere il popolo, per questo ridurranno i tempi di canonizzazione. Somiglia molto alla popolarità che oggi onora Padre Pio, anche se con questo santo si sta passando il segno: è l’unico ad avere spot pubblicitari televisivi, come i detersivi, le auto e cellulari.

La chiesa di via Ariosto è gestita dal popolo attraverso la Congrega, il responsabile della gestione è il priore eletto dai membri. Il priore tiene i libri contabili, si preoccupa di tenere in vita le attività religiose tramandate dalla tradizione, degli interventi di manutenzione ordinaria e dell’apertura e chiusura della chiesa. Le attività religiose sono la messa ogni domenica e ogni festa religiosa, il rosario ogni giorno del mese mariano, il triduo di Sant’Antonio, la Novena dell’Immacolata. Per il mese mariano la chiesa rimane aperta tutto il giorno, cosicché si può entrare a recitare il rosario quando si vuole, anche se c’è un appuntamento fisso pomeridiano durante il quale si raduna la maggior parte dei fedeli. Il triduo di Sant’Antonio, dal 10 al 12 di giugno, ha, aveva, perché da anni non ho più notizie, il suo momento solenne nelle predicazioni tenute da monaci particolarmente bravi con la parola orale, come Fernando di Lisbona morto come Antonio a Padova. Il 13 giugno si teneva la processione del santo per il paese. A luglio, infine, c’era la festa popolare, illuminazioni, musica, bandistica e popolare, fuochi d’artificio, bancarelle con giocattoli, dolciumi, pero ‘o musso, ecc..
La Novena, di nove giorni, si tiene dal 29 novembre al 7 dicembre. Nei giorni della Novena ai miei tempi scendevano dai monti gli zampognari, si perché da noi c’erano due novene, quella dell’Immacolata e quella di Natale. Gli zampognari suonavano davanti le porte delle famiglie che li avevano richiesti e pagati. Passavano all’alba, li sentivo dal letto, prima lontani, poi più vicini, fino alla sonata che tenevano davanti la porta della chiesa, chiesa che era praticamente attaccata alla nostra abitazione. Quando alla fine degli anni 50 inizio dei 60 le fuzioni religiose parrocchiali si trasferirono nella Chiesa dell’Immacolata, io divenni chierichetto e durante la Novena dell’Immacolata ero a servire messa. Gli zampognari arrivavano proprio durante il rito, il loro suono amplificato dall’ambiente chiuso mi impressionava, mi emozionava come se il paradiso fosse sceso in terra.


Figura 1: Festa di Sant’Antonio anni 20

A San Vitaliano si tenevano tre feste, una per ogni chiesa. Cominciava la Congrega dell’Immacolata con la festa di Sant’Antonio che si teneva nella quarta settimana di luglio, nella seconda settimana di settembre si teneva la festa del patrono, San Vitaliano, a cui era dedicato l’altare maggiore della parrocchia, e nella terza settimana di settembre la festa di Maria SS della Libera della parrocchia di Frascatoli.
La festa di Sant’Antonio coinvolgeva per lo più la parte del paese dei “leccisi”, mentre quella di San Vitaliano quella dei “piazziaiuli”. La festa della parrocchia di Frascatoli era una festa molto localizzata, come se Frascatoli fosse un mondo a parte.
La festa di San Vitaliano, il patrono, era più istituzionalizzata, rappresentativa, un atto dovuto che coinvolgeva direttamente la parrocchia. Si aveva l’impressione che il Comitato fosse diretta emanazione del parroco, e che anche il sindaco avesse voce in capitolo. La festa di Sant’Antonio non era “dovuta”, era lasciata alla scelta della devozione del popolo. Era una festa più povera, raccoglieva meno fondi ma si teneva in un periodo dell’anno meno “affollato”, dunque i cachet era più contenuti. Legata com’era alla volontà popolare la festa di Sant’Antonio qualche anno saltava per difficoltà economiche del paese, difficoltà dipendenti esclusivamente dall’andamento dei prodotti agricoli. In fondo anche per questi motivi un po’ ovunque non c’erano feste economicamente impegnative prima del mese di giugno. Bisognava aspettare l’andamento dei primi raccolti, quelli primaverili, agli, cipolle, grano, orzo, le prime patate. Per la festa di Sant’Antonio la raccolta delle patate era terminata e si poteva capire come sarebbe andata la raccolta del pomodoro.
Il modello di festa patronale religiosa popolare era più o meno lo stesso: funzioni religiose che comprendevano anche la processione per il paese o per in quartiere, luminarie, fuochi d’artificio di inizio festa, sfilata della banda e concerto bandistico delle 12,00, concerto bandisco serale. Ultimo giorno di festa la Pandulinata, cioè concerto di musica popolare e fuochi d’artificio di chiusura. A secondo dei fondi raccolti le feste potevano durare da due giorni a un’intera settimana. Anche le bande musicali e i cantanti dipendevano dai fondi raccolti. Le bande più rinomate e costose degli anni 60 erano quelle Abruzzesi e Pugliesi, L’Aquila, Chieti, Pescara, …., Lecce, Gioia del Colle, …
Per i cantanti si andava dai napoletani alle star nazionali del momento.
In quegli anni dalle parti nostre i cantanti napoletani erano ancora molto importanti ma il Festival di Sanremo, nato nel 1951, aveva già cambiato gli equilibri sonori, l’esplosione della canzone italiana fu opera della televisione, e il suo culmine si ebbe alla fine degli anni 50 con Nel Blu dipinto di Blu di Domenico Modugno. Da allora nulla fu come prima. Napoli cercò di correre ai ripari creando il Festival della Canzone Napoletana ma non ci riuscì. Da allora molti autori e cantanti napoletani scrissero e cantarono in Italiano. E poi dalla seconda metà degli anni 50 iniziò un vorticoso processo di internazionalizzazione, dunque anche lo stile italiano ebbe problemi a sopravvivere, il rock’n’roll americano, il twist e poi i Beatles e tutta l’onda inglese invasero il mondo. Si traducevano le loro canzoni in italiano, ma al di là delle traduzioni gli italiani sempre di più scrivevano musica che imitava gli stilemi anglosassoni. Il mondo di cui sto scrivendo si chiuderà proprio negli anni 60. Qualcosa sopravvive ma ormai è ormai folclore.
Le due feste sanvitalianesi, quella di Frascatoli non riuscì a diventare un riferimento per tutto il paese, avevano caratteristiche comuni ma anche differenze di stile. Quella di Sant’Antonio si teneva nello slargo di Via Metastasio, a via ‘e mataluna, si dice per una pietra proveniente da Maddaloni che era lì a protezione di un fontanile posto all’inizio di quella strada. D’altra parte è probabile che fosse così denominata perché era la strada per andare a Maddaloni. Quella di San Vitaliano si teneva in Piazza Nicola Tufano, con il palco montato appena dopo la chiesa parrocchiale.
Le differenze tra le due feste si manifestavano essenzialmente per due aspetti: i palchi e le bande.
I palchi di Sant’Antonio proponevano una scenografia ogni anno diversa. I palchi di San Vitaliano proponevano la stessa scenografia: la Cassa Armonica circolare, una scena neutra che privilegiava l’uso musicale. D’altra parte a maggio nella stessa piazza si teneva l’Opera di San Michele, una tre giorni di teatro in piazza, teatro religioso e teatro profano. Qualche volta si tenne anche la rappresentazione della Passione di Cristo, teatro religioso proveniente dalla tradizione medioevale.
Le feste erano organizzato dai Comitati di volontari formati ad hoc, il Comitato eleggeva un presidente.
Le scene del palco delle feste di Sant’Antonio richiamavano il teatro, il teatro lirico. Una foto degli anni 30 mostra addirittura una scena al cui centro c’era un Mussolini con l’elmo di guerra.
Si potrebbe dire che la caratteristica di Sant’Antonio era il rappresentare la moda del momento e la teatralità. Lo stile della festa di San Vitaliano era continuità e tradizione.
Per le bande Sant’Antonio preferiva le abruzzesi, San Vitaliano le pugliesi, anzi: il Complesso Bandistico di Gioia del Colle.


Figura 2: Festa di Sant’Antonio anni 30


Figura 3: Festa di Sant’Antonio anni 40 o inizio dei 50


Figura 4: Festa di Sant’Antonio anni 40


Figura 5: Festa di Sant’Antonio anni 50


Figura 6: Festa di Sant’Antonio anni 60>


Figura 7: Festa di San Vitaliano 1958


Figura 8: Festa di San Vitaliano 1958


Figura 9: Festa di San Vitaliano 1960


Figura 10: Festa di San Vitaliano 1959